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L’iniziazione massonica

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Il rito dell’iniziazione alla massoneria, di sua natura complesso e ricco di simbolismi, rappresenta la “luce” che il Maestro Venerabile, insieme alle altre “Luci”, accorda al profano che bussa alla porta del tempio. Per i massoni l’arrivo di un nuovo fratello – che è già massone una volta concluso il rito – rappresenta motivo di grande gioia. Ma essere iniziati è solo l’inizio di un percorso – quello della massoneria – che conduce ognuno di noi a cercare la propria verità, la propria luce. All’iniziato, come al compagno (che è il grado successivo), ma anche al Maestro, non viene data alcuna linea guida su cosa pensare di se stesso e della vita, perché la massoneria è per sua natura priva di dogmi e intenti pedagogici. Compito del nuovo fratello, che non può prendere parola fino a quando non diventa Compagno d’armi, è quello di ascoltare. E’ quello di essere una spugna che, semplicemente, lascia fluire in sé i tanti simboli del tempio e le tante parole e tavole raccontate dai fratelli esperti. Essere iniziati significa disporsi nello stato d’animo adatto a lasciare che tutto fluisca leggero, e spesso incomprensibilmente, dentro di sé. Alla prossima tornata avremo una nuova iniziazione. La persona è stata scelta perché i suoi valori corrispondono a quelli della fratellanza: mancanza di pregiudizi, l’essere liberi e di buoni costumi, ma soprattutto credere nell’esistenza di qualcosa superiore all’uomo, che noi chiamiamo Grande Architetto dell’Universo, ma che per ognuno di noi è qualcosa di diverso: per molti è il Dio cristiano, per altri quello islamico, per alcuni Geova, per tanti la Natura. Il G.A.D.U non è dunque un dio propriamente detto, ma solo l’idea che ogni massone, sempre in continua ricerca di se stesso, nutre nei confronti di ciò che supera l’umana natura. In settimana, dunque, avremo un nuovo Fratello. La sua emozione sarà fortissima. La nostra, forse, ancora più potente.

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Perché sono diventato massone

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E’ giusto presentarsi, ma la mia identità non è importante quanto lo sono le mie intenzioni. Queste pagine non nascono con il progetto di rivelare i segreti della Massoneria, perché essa non ha segreti. L’Istituzione – è così che noi la chiamiamo – presenta aspetti di riservatezza, non di segretezza, ma di questo avremo modo di parlare più avanti. Io ho trentasei anni, e cerco di non avere pregiudizi; ho trentasei anni e tento di avere molti dubbi; ho trentasei anni e provo ad appoggiarmi su pochissime certezze. Fu la Massoneria ad avvicinarsi a me. Chi non è massone viene chiamato profano, ed anche sul reale valore etimologico di questo termine avremo modo di parlare in futuro. Storcere il naso quando mi chiesero se fossi interessato a partecipare ai lavori della mia officina fu quanto feci quando, profano, mi chiesero di diventare un Fratello. Iniziare, invece, a valutare la possibilità di intraprende il mio percorso personale attraverso questo sistema di valori accadde quando mi spiegarono, più volte e con insistenza, che nella Massoneria non si entra per avere od ottenere favori. Comprendere questo aspetto e perorarlo è una condizione esclusiva per essere leali figli della vedova. Se dunque esiste il sospetto che qualcuno voglia avvicinarsi alla Massoneria con l’intento di alimentare la propria carriera professionale attraverso meschini scambi di favori, ebbene questi non viene considerato adatto a ricevere la luce (un termine che viene usato quando si procede all’iniziazione del profano) ed è subito ritenuto non idoneo. Io fui avvicinato e quindi scelto da tre persone. I dubbi mi assalivano, naturalmente, perché i pregiudizi che nutrivo nei loro confronti erano ragionevolmente radicati e consistenti. Fui avvicinato in un momento particolarmente difficile della mia vita. Furono queste persone a essermi vicine, sebbene ancora tentennassi nella scelta. Furono loro a darmi conforto. Io, sconosciuto. Loro, sconosciuti. La risposta alla loro chiamata non aveva scadenza, non mi diedero un tempo determinato e ne avanzarono pretese quando mi chiamavano per sentire come stavo. Mi avvicinai alla massoneria perché volevo raggiungere la loro capacità di compassione, la loro concezione di carità, la loro capacità di dare a qualcuno senza che questi abbia nulla da dare in cambio. Avevo poco più di trent’anni e solo tre sconosciuti alla mia porta. Decisi di farli entrare.