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Molti si domandano se la Massoneria è uno stile di vita, un sistema di valori oppure una furbata per ottenere vantaggi. La mia risposta – ed è onesta – è che si tratta di tutte e tre le cose. Dipende da che massone si sceglie di essere e da che uomo si decide di diventare. Il marcio c’è ovunque. Ed è marciume definirsi massoni quando lo si diventa per ottenere vantaggi. Il male eiste nella nostra istituzione, come esiste nel mondo profano. Dal canto mio, posso confessare di aver avuto la fortuna di entrare in una loggia che si fonda sui primi due principi, rinnegando e facendo motivo di esclusione il  il terzo. E questo l’ho notato in tutte le logge e i fratelli che ho avuto modo ci conoscere. Attorno a questi due intenti si sviluppano dunque tre precisi valori, che sono tipici e fondanti della nostra cultura: la libertà di pensiero, l’essere di buoni costumi e l’adozione dell’etica del dubbio, come riflessione sulle cose che ci circondano. Un massone che ha pregiudizi e certezze da non mettere in discussione è un massone sbagliato.
Un fratello, per dichiararsi tale, deve fare del dubbio uno stile di vita imprescindibile. E deve fare, della possibilità di cambiare le proprie idee, un principio di esistenza. Di come noi tentiamo di non avere pregiudizi, e di quanto questo sia difficile, ho già discusso. Ho parlato della riservatezza della nostra istituzione in queste pagine, guardandomi bene dal definire segreti i lavori di loggia. Il lavoro che il fratelli svolgono durante le tornate sono principalmente destinati ad arricchire sé stessi attraverso l’ascolto delle parole degli altri, che è cosa ben diversa dal “sentire” qualcuno parlare, ma tale arricchimento nasce anche nel proporre ai fratelli, sotto forma di “tavola” (cioè di lettura pubblica di una ricerca su qualsiasi tema) i propri punti di vista o i nostri stimoli culturali. Ascoltare e raccontare; punti di vista, i propri, che possono essere accettabili o meno, ma che hanno l’obbligo, questo sì, di essere conformi ai nostri valori di riferimento. Obietterete, forse, che poco c’è di diverso, nella nostra Istituzione, dai propositi di un circolo culturale. Non proprio. La Massoneria non invita a esprimere quella vanità che spesso si nasconde nell’esporre i propri talenti intellettuali e non ha le finalità educative o pedagogiche di un circolo culturale. Diversamente da esso, poi, noi fondiamo i nostri lavori sull’esoterismo dei riti che compongono la tornata (cioè la riunione), riti che certo possono sembrare antiquati e coloriti, così come può sembrarlo il tempio nel quale esercitiamo il nostro pensiero, che è ricco di simboli. Il cemento che compone le pietre del nostro tempio personale (questa è una metafora tipica delle massoneria speculativa e ne parlerò) è  soprattutto amalgamato dai pensieri, sempre diversi ed elevati, di quei fratelli che compongono la loggia, che di solito sono nel numero di dieci o quindici. E’ da questi pensieri, proposti e mai indotti o composti di protervia, che ognuno di noi costruisce il proprio tempio di saggezza per tentare di capire se stesso attraverso gli altri. Non mi stancherò mai di ricordare che noi rifuggiamo i dogmi e gli obblighi di pensiero che altre filosofie o religioni impongono. Non ci sono maestri in massoneria, ma solo fratelli uguali tra loro. Non esiste un Grande Architetto dell’Universo da adorare, un G:.A:.D:. che possiede un nome, una preghiera e delle esigenze. Il Grande Architetto dell’Universo è l’essere supremo che tu, come massone, pensi che sia: può essere Dio, la Natura, l’Energia dell’Universo. I compiti del massone sono quelli di veicolare all’esterno i costumi che compongo la nostra istituzione, affinché il mondo profano (faccio uso di questo termine, ma no lo non amo) possa, per osmosi, renderli propri. Sul perché alcuni tra gli uomini sono scelti per diventare massoni e altri no, e quindi sull’esclusività della massoneria (questa si che esiste) o sui motivi per cui, almeno nel Grande Oriente d’Italia, le donne non sono ammesse, ne parlerò diffusamente nei prossimi interventi.